Canzone

La musica rubata in strada è l’unica che ascolto, in casa mi uccide.
Una canzone è una macchina del tempo velenosa, racconta giorni che non ci sono più.
Una canzone è un agguato, prende alle spalle con un coltello alla gola e tiene in ostaggio per tutta la sua durata.
Una canzone è ovunque, imprevedibile. Non posso difendermi.
Una canzone è un’emozione che ho imparato in quel modo.
Una canzone è la crepa che il mio muro non può sostenere.
Una canzone è la memoria di una condivisione.
Una canzone è la nostalgia di un litigio.
Una canzone è ascoltare la voce rauca di Vasco mentre compio la mia follia.
Una canzone se vuole s’incolla all’animo per sempre e si beffa del tempo che vuol fare pulizia nel cuore.
In balia di una canzone siamo nulla. In una lotta tra Canzone e Natura, la prima morirebbe cantando.
Mi sono seduta al pianoforte, senza spartito, per inventare la mia musica e ho scoperto di voler suonare la batteria.
Ho cantato a squarciagola tante canzoni, per scoprire che da oggi i testi voglio scriverli io.
 
Mariapiera Miele

L'abbraccio

Lo scorso weekend sono stata a Bologna per riabbracciare dei cari amici che non vedevo da prima del Covid. Il sabato mattina ho fatto una passeggiata in centro sotto i portici e tra la folla ho sentito qualcuno urlare “abbracci, abbracci gratis”. Un ragazzo fresco di laurea, con la corona di alloro in testa e uno stuolo di amici urlanti doveva raggiungere un certo numero di abbracci, non so quanti. La regola era che dovevano essere gli altri ad avanzare verso di lui. Ogni volta che accadeva gli amici aggiornavano il numero di abbracci raggiunti. Quando li ho incontrati io erano al numero ottantanove. Lui era vestito da pagliaccio, aveva il viso colorato e sorrideva felice. In un primo momento li ho osservati da lontano, erano una tentazione per me, ma non avevo il coraggio. Poi ho seguito l’istinto e mi sono fatta strada tra la folla per raggiungerlo. Quando mi ci sono trovata di fronte l’ho guardato a lungo senza muovermi mentre lui guardava me. Poi mi ha sorriso e io ho fatto un passo nella sua direzione, mentre lui ha risposto praticamente correndo verso di me. Ci siamo abbracciati, di un abbraccio strettissimo. A me sono scese le lacrime (tanto per cambiare) e non lo avrei lasciato andare più. Mi ha preso il viso tra le mani, ha incontrato i miei occhi, mi ha dato un dolcissimo bacio sulla guancia e mi ha detto “forza”.
È stata la mia prima esperienza di “abbraccio gratis per strada” (e la consiglio a tutti).
Ho imparato che abbracciare è fare il discorso d’amore più lungo.
L’abbraccio è muto, è il capolavoro del silenzio.
L’abbraccio è poggiarsi su una spalla, tenuti da due braccia.
L’abbraccio è avvicinare due cuori che si cercano.
L’abbraccio dice sempre la verità.
L’abbraccio è un’addizione, bisogna essere almeno in due.
Non credo alle coincidenze, quindi ho ringraziato l’Universo, ho sorriso e ho pensato che l’odio fa rumore, l’amore ama il silenzio e che per litigare servono le parole, per fare pace no. L’abbraccio ne è la prova.
 
Mariapiera Miele

Lo spazio bucato

 
La mia vita è una lista di libri che ho letto. Ogni giorno mi sveglio e ho a disposizione le stesse ventiquattro ore di tutti, ma a me non bastano, come a tutti. Eppure sono diversa, dovete credermi. Le vite di ognuno sono piene di
errori, come la mia, ma la mia è diversa. La mia vita è uno spazio bucato. Mi spiego meglio. Nelle vite degli altri lo spazio degli errori a un certo punto si riempie. Il mio è sempre vuoto, perché è bucato appunto. Io posso sbagliare
senza imparare nulla, perché quando mi volto non c'è più traccia degli errori passati. La mia amica Gianna dice che è il contenitore della memoria a essere bucato, ma non è cosi.
La mia memoria funziona benissimo. Lo so per certo perché non imparo dai miei errori ma l'ottima memoria che ho mi permette di soffrirne per anni. Ho rimediato all'assenza di traccia degli sbagli leggendo un libro per ogni errore e riservandogli una dedica. Per questo la mia
vita è una lista di libri che ho letto. Riguardo la storia delle ventiquattro ore che non ci bastano vi dico "meglio". Avere più ore vuol dire avere più tempo per sbagliare. Il vostro spazio si riempirebbe all'orlo e io dovrei vivere in una
biblioteca gigante. “Cosa? Ho sentito bene?" Ma certo che ho sentito bene, ho sentito benissimo. Tra l'altro questa domanda me l'aspettavo.
"Qual è stato il tuo ultimo errore?" È una questione privata, quindi non ditelo in giro.
L'ultimo errore si divide in due parti. Nella prima mi è successo qualcosa che richiedeva fiducia in me stessa e coraggio di fare un salto. Ma non l'ho fatto. Nella seconda, dopo che tutto il mio mondo è crollato, ho trovato il coraggio di fare quel salto per essere libera. Adesso sono
libera, affaticata e dolorante certo, ma quando mi volto indietro e non vedo l'ultimo errore sono fiera che non ci sia, non perché lo spazio è bucato, ma perché non l'ho commesso. Sono libera. Di errori ne farò ancora, ma adesso
in casa ho abbastanza spazio per tanti libri.
 
Mariapiera Miele

Una spinta

Una spinta sulla schiena mi ha buttato in mare come da bambini, solo che a quel tempo mi divertivo, oggi mi volto per vedere chi è stato. Precipito in una lunga caduta, mentre l’aria si apre al mio passaggio. Ho terrore dell’acqua fredda, troppo profonda, dei pesci che mordono, di affogare tra le onde, di sbattere contro gli scogli. La discesa diventa un viaggio di paure e preoccupazioni. Poi le mie urla, un istante prima dell’incontro con il mare. Vado sotto, parecchio sotto. Non vedo, non sento, non respiro, non riesco a muovermi. Non so a cosa aggrapparmi per non smettere di sperare. Sto morendo, penso. La discesa non si ferma, mi hanno lanciato da una grande altezza, con una spinta forte. Se si fosse avvicinato un pesce non avrei avuto paura che mi mordesse, gli avrei chiesto di aiutarmi a tornare su. Le onde che avrebbero potuto affogarmi le avrei usate per galleggiare e sugli scogli mi sarei arrampicata per riemergere. Tutto quello che mi spaventava avrebbe potuto salvarmi, ma non è servito. Un istante prima di morire mi sono salvata da sola, ho iniziato a nuotare. Una volta qualcuno ha detto che se vuoi raggiungere il castello devi attraversare a nuoto il fossato. Io al castello non sono ancora arrivata, sto nuotando nel fossato, ma mi muovo in avanti.
Non avrei mai avuto il coraggio di lanciarmi da una roccia altissima tra gli scogli, nel tratto di mare più profondo, qualcun’altro ha scelto per me. È una sfida che mi è capitata, non ho nessun merito, se non quello di averla accolta. Quando mi volto e vedo il volto di chi l’ha voluta penso che sì, era necessaria.
 
Mariapiera Miele