Lo scorso weekend sono stata a Bologna per riabbracciare dei cari amici che non vedevo da prima del Covid. Il sabato mattina ho fatto una passeggiata in centro sotto i portici e tra la folla ho sentito qualcuno urlare “abbracci, abbracci gratis”. Un ragazzo fresco di laurea, con la corona di alloro in testa e uno stuolo di amici urlanti doveva raggiungere un certo numero di abbracci, non so quanti. La regola era che dovevano essere gli altri ad avanzare verso di lui. Ogni volta che accadeva gli amici aggiornavano il numero di abbracci raggiunti. Quando li ho incontrati io erano al numero ottantanove. Lui era vestito da pagliaccio, aveva il viso colorato e sorrideva felice. In un primo momento li ho osservati da lontano, erano una tentazione per me, ma non avevo il coraggio. Poi ho seguito l’istinto e mi sono fatta strada tra la folla per raggiungerlo. Quando mi ci sono trovata di fronte l’ho guardato a lungo senza muovermi mentre lui guardava me. Poi mi ha sorriso e io ho fatto un passo nella sua direzione, mentre lui ha risposto praticamente correndo verso di me. Ci siamo abbracciati, di un abbraccio strettissimo. A me sono scese le lacrime (tanto per cambiare) e non lo avrei lasciato andare più. Mi ha preso il viso tra le mani, ha incontrato i miei occhi, mi ha dato un dolcissimo bacio sulla guancia e mi ha detto “forza”.
È stata la mia prima esperienza di “abbraccio gratis per strada” (e la consiglio a tutti).
Ho imparato che abbracciare è fare il discorso d’amore più lungo.
L’abbraccio è muto, è il capolavoro del silenzio.
L’abbraccio è poggiarsi su una spalla, tenuti da due braccia.
L’abbraccio è avvicinare due cuori che si cercano.
L’abbraccio dice sempre la verità.
L’abbraccio è un’addizione, bisogna essere almeno in due.
Non credo alle coincidenze, quindi ho ringraziato l’Universo, ho sorriso e ho pensato che l’odio fa rumore, l’amore ama il silenzio e che per litigare servono le parole, per fare pace no. L’abbraccio ne è la prova.
Mariapiera Miele